sabato 18 ottobre 2014
giovedì 16 ottobre 2014
Il coraggio di Maria Antonietta
Maria Antonietta il coraggio di una regina
La Regina più conosciuta della storia. Maria Antonietta fu l'emblema dell'Ancien Regime, di un mondo che stava per crollare sotto i colpi delle nuove idee illuministiche.
Certo la Rivoluzione Francese, oltre alle cause politiche e storiche ebbe ben precise ragioni economiche.
Il popolo si muove per fame è una formula fin troppo usata, ma realisticamente vera. La grande carestia, la crisi economica che attanagliò la Francia alla fine del 1700 costituì la causa scatenante della rivolta.
Di contro il re Luigi XVI non aveva le caratteristiche di leader nè lo spessore di uomo tale da poter fronteggiare l'ondata rivoluzionaria.
Come ebbe a dire lo stesso Napoleone, il re si rese ridicolo di fronte agli insorti e affrontò la rivolta senza il necessario polso fermo.
Fatto sta che l'incendio rivoluzionario scoppiò impetuoso travolgendo la famiglia reale e gran parte della nobiltà.
Maria Antonietta fu sorpresa dagli avvenimenti. Ella aveva trascorso gran parte della sua vita nella prigione dorata di Versailles attorniata dalle sue amiche occupandosi di spettacoli teatrali, di feste e di divertimenti, lontanissima dalla vita reale.
Una vita fatua e leggera che la Regina riscattò in seguito. Ella restò accanto al Re con decisione e fermezza regale, cercò in tutti i modi di proteggere i suoi figli.
Affrontò la prigione con dignità e si avviò al patibolo con una forza decisamente inattesa ricordando la vita di qualche anno prima.
Il coraggio! Sì Maria Antonietta affrontò con coraggio il suo destino di morte.
lunedì 13 ottobre 2014
13 ottobre 1815, moriva Gioacchino Murat
La morte di Gioacchino Murat
Il 13 ottobre del 1815 moriva Gioacchino Murat. Cognato di Napoleone, avendo sposato la sorella dell'Imperatore, Carolina, fu uno dei generali francesi più valorosi.
La cavalleria di Murat era praticamente invincibile. Lo stesso Napoleone nel suo memoriale che dettò a Las Cases a Sant'Elena rimpianse l'assenza di Murat a capo della cavalleria visto che una delle ragioni della sconfitta fu l'incapacità di Ney di fiaccare la resistenza dei quadrati inglesi.
Murat dopo il vano tentativo di combattere gli Austriaci in Italia, era sbarcato in Corsica dove aveva con sè poche centinaia di fedelissimi.
Un'impresa temeraria
Le notizie che arrivavano dal suo ex regno di Napoli erano contraddittorie, ma Murat credette che c'era un malcontento che egli poteva cavalcare per riprendersi il trono.
Impresa disperata visto che, come disse lo stesso Napoleone, era un tentativo che avrebbe fatto con pochi uomini quando con migliaia di soldati non era riuscito a sconfiggere gli Austriaci.
Impresa disperata visto che, come disse lo stesso Napoleone, era un tentativo che avrebbe fatto con pochi uomini quando con migliaia di soldati non era riuscito a sconfiggere gli Austriaci.
Malgrado ciò Murat partì dalla Corsica alla volta delle coste della Campania. Il tentativo era quello di sbarcare nei pressi di Salerno, non lontano quindi dalla Capitale del Regno. Una mareggiata, però spinse le sue navi più a sud, in Calabria nei pressi di Pizzo Calabro.
La cattura di Murat
Come era prevedibile ben presto i circa 250 uomini di Murat furono intercettati e catturati dai soldati borbonici del capitano Trentacapilli.
I soldati borbonici erano increduli. L'ex re di Napoli tentava l'invasione del Regno con un paio di centinaio di uomini.
La condanna a morte
Il destino di Murat era segnato.
Il re Ferdinado IV di Borbone sfruttò la stessa legge emenata da Murat contro i tentativi insurrezionali che prevedeva, per l'appunto, la pena di morte.
La condanna arrivò puntuale.
Murat affrontò la morte con la spavalderia che aveva contraddistinto tutta la sua vita. Prima di morire scrisse un'ultima lettera alla sua famiglia e poi affrontò il plotone di esecuzione.
Leggi l'ultima lettera di Gioacchino Murat
L'esecuzione
Famosa la frase con cui affrontò l'esecuzione: Mirate al cuore, salvate la faccia.
Dopo un primo tentativo in cui tutti i soldati del plotone evitarono di colpirlo, morì colpito dai proiettili dei soldati borbonici.
Era il 13 di ottobre del 1815.
Nemmemo il suo corpo fu risparmiato perchè venne inumato in una fossa comune dell chiesa di San Giorgio di Pizzo calabro. Una fine ingloriosa per un prode guerriero. acchin
La
«Soldati, mirate al cuore, ma risparmiate il viso!»
Queste le ultime parole del prode Gioacchino Murat morto a Pizzo
Calabro il 13 ottobre del 1815.
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